Con il termine infiammazione si indica l’accumulo di proteine del plasma e cellule del sistema immunitario causato da un danno fisico, un’infezione o una risposta immunitaria locale.
L’infiammazione si definisce acuta quando ci si riferisce ai primi episodi, spesso transitori, del processo infiammatorio. L’infiammazione è cronica invece quando l’infezione persiste o nel corso di risposte autoimmunitarie.
Il sistema immunitario agisce attraverso una risposta innata e una adattativa.
La risposta immunitaria inizia quando alcune cellule del sistema immunitario, quali macrofagi e cellule dendritiche, rilevano la presenza di patogeni riconoscendo componenti di macromolecole microbiche. Una volta avvenuto il riconoscimento di un patogeno, macrofagi e cellule dendritiche, innescano l’infiammazione.
L’infiammazione può essere scatenata anche a causa di un danno tissutale
È stato inoltre dimostrato che questo tipo di infiammazione può essere guidata dall’esposizione cronica dei macrofagi a stimoli metabolici, quali l’alta concentrazione di glucosio, di insulina e grassi saturi
determinando la produzione di molecole pro-infiammatorie.
La stimolazione del sistema immunitario innato determina la produzione di citochine da parte dei macrofagi e delle cellule dendritiche che favoriscono il richiamo dei leucociti nel sito di infezione e l’eliminazione dell’agente patogeno. Se L’infiammazione locale ha successo, lo stimolo infiammatorio viene rimosso e
L’infiammazione si risolve; in caso contrario L’infiammazione diventa cronica.
L’immunità innata, non è quindi sufficiente a spegnere L’infiammazione e si fa ricorso all’immunità
adattativa che vede il coinvolgimento di linfociti T e B. Tale risposta immunitaria è caratterizzata dalla
produzione di anticorpi e dalla capacità di memorizzare la risposta, che potrà essere riutilizzata in caso di una nuova esposizione all’agente infettivo incontrato in precedenza.
DIETA E INFIAMMAZIONE
L’infiammazione cronica contribuisce a molte malattie non trasmissibili, quali il diabete, malattie
cardiovascolari e obesità. Inoltre, numerosi studi supportano il ruolo dell’ infiammazione nella
patofisiologia di malattie mentali, inclusa la depressione.
Sempre più numerosi sono gli studi che evidenziano una correlazione tra lo stato infiammatorio ed alcuni aspetti del nostro stile di vita, come ad esempio l’alimentazione.
È stato dimostrato che alcuni modelli dietetici riescono a modulare lo stato infiammatorio, sottolinenando il loro potenziale come strumento terapeutico in disturbi a base infiammatoria.
Diversi nutrienti hanno proprietà anti-infiammatorie. Ad esempio, il consumo di alimenti integrali è stato
associato con una bassa espressione di markers infiammatori, mentre una minore assunzione di cibi
integrali correla con l’aumento della concentrazione di marker infiammatori come l’IL6.
Inoltre, è stato riportato che l’assunzione di colina, un nutriente presente in uova, broccoli e cavolfiore, e
di betaina, contenuta nella barbabietola, quinoa, kamut, avena, spinaci etc, è associato a bassi livelli di
marker infiammatori.
Anche l’apporto di grassi omega-3 contribuisce ad inibire molecole target dell’ infiammazione.
Inoltre, seppur non ci sono ancora sufficienti evidenze per attribuire effetti anti-infiammatori ai prodotti
caseari, numerosi studi indicano che l’assunzione di alimenti caseari non aumenta la concentrazione di
marker correlati all’infiammazione cronica.
Alla luce di tali evidenze scientifiche, risulta di fondamentale importanza la lotta all’infiammazione.
Essendo la dieta un fattore che possiamo modificare e controllare, è prioritario favorire un’alimentazione
“anti-infiammatoria”.
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